Le Aree Marine protette italiane stanno affondando in un mare di tagli. Il default dell’intero sistema nazionale dei Parchi Marini è infatti sempre più vicino. I numeri parlano chiaro e non lasciano adito a dubbi, le cifre sono limpide come il mare cristallino che gli enti gestori dei parchi cercano di tutelare: in 10 anni i fondi stanziati dal Ministero dell’Ambiente per le Aree Marine protette sono diminuiti di oltre il 70%. Nel 2001 le AMP erano 17 e potevano contare su 16 miliardi delle vecchie lire (circa 8,5 ml di euro). Poi la crisi del 2008 e i tagli orizzontali di Tremonti hanno cominciato a devastare il sistema dei Parchi Marini a colpi di mannaia. Nel 2010, infatti, quando intanto le AMP erano diventate ormai 27 (quasi il doppio rispetto a 10 anni prima) i fondi stanziati erano appena 7 ml di euro. Dopo appena un anno, nel 2011, altro taglio devastante, lo stanziamento del Ministero dell’Ambiente per le AMP è sceso a 5,6 ml di euro. Ma il vero colpo di grazia lo sta dando il governo Monti per il 2012: soltanto 3,6 milioni di euro per i quasi 30 parchi marini italiani. Una miseria, appena lo 0,0002 per cento del PIL destinato alla cura e alla tutela del mare italiano, una delle risorse più importanti del nostro paese. Una scelta inequivocabile e che se non sarà modificata porterà allo smembramento dell’intero sistema nazionale delle Aree Marine Protette. Un sistema tra i più apprezzati al mondo e che, pur tra mille difficoltà e scarsità di risorse, in questi decenni ha avuto riconoscimenti importanti in ambito nazionale e internazionale. Un sistema inserito in una più ampia rete europea e mediterranea. Diverse Aree Marine Protette italiane, infatti, sono riconosciute come ASPIM (Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo) e fanno parte della rete Medpan (rete di aree protette del mediterraneo ). Il default dell’intero sistema dei Parchi Marini italiani avrà quindi ripercussioni anche a livello europeo e mediterraneo e sarebbe l’ennesima pessima figura internazionale del nostro Paese. A rischio, inoltre, centinaia di posti di lavoro di operatori e dirigenti che in questi anni con passione e competenza, pur con poche risorse ed enormi difficoltà, hanno gestito e innovato il sistema facendolo crescere e raggiungendo risultati importanti. Basti pensare all’AMP di Punta Campanella, la più longeva Area Marina della Campania inserita in un territorio fortemente antropizzato e complesso tra i golfi di Napoli e Salerno. In 15 anni il Parco, nonostante l’iniziale scetticismo e ostracismo della popolazione locale, ha raggiunto risultati importanti. Ha contribuito alla risoluzione di annose problematiche riguardanti 2 depuratori presenti lungo la costa dell’AMP, ha intrapreso una dura lotta ai datterari e ai pescatori di frodo che ancora continua, ha aperto e gestito un centro di recupero di tartarughe marine che ha consentito di salvare quasi 100 esemplari di Caretta caretta in 5 anni, ha sviluppato numerosi progetti e percorsi di educazione ambientale contribuendo alla buona riuscita della raccolta differenziata sul territorio anche con la presenza dello Spazzamare. Da 5 anni il comune principale del Parco, Massa Lubrense, è insignito della Bandiera Blu, unico comune in Provincia di Napoli a potersi fregiare di questo prestigioso riconoscimento. E soprattutto ha visto una grande esplosione di biodiversità nelle sue acque con il ripopolamento di numerose specie soprattutto nella zona rossa del Vervece. Risultati che hanno consentito all’AMP di Punta Campanella di essere riconosciuta come ASPIM e di essere inserita nella rete europea Medpan. Ma ora tutti questi risultati rischiano di andare in fumo insieme ai tanti progetti previsti per i prossimi anni.
“La situazione ormai è diventata insostenibile. In questi anni abbiamo fatto già tantissimi sacrifici per sopravvivere ai continui tagli, ma ora siamo al di sotto della soglia di sopravvivenza – dichiara Antonino Miccio, Direttore dell’AMP di Punta Campanella, e membro del Direttivo AIDAP (Associazione Italiana Direttori eFunzionari Aree Protette) – La chiusura delle Aree Marine Protette italiane sarebbe un fallimento senza precedenti per il nostro Paese e i tanti risultati raggiunti in questi anni andranno persi. Stiamo letteralmente gettando a mare una grande risorsa strategica per il nostro Paese”.