Una grossa pietra come le tante presenti nei fondali dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella. Quella trovata nei giorni scorsi al Vervece, però, ha qualcosa di particolare. Tre fori fatti dall’uomo la rendono davvero speciale. Il reperto è infatti un’ancora antichissima, usata tra il 1.000 e il 600 a.C. dalle popolazioni del Mediterraneo orientale. Giaceva in fondo al mare del Vervece da quasi 3mila anni ed è stata trovata a 40 metri di profondità dai subacquei del Centro Immersioni Massa Lubrense. Soltanto un occhio attento e allenato avrebbe potuto notare, tra il coralligeno che ricopriva interamente la pietra, i tre fori artificiali fatti dall’uomo. Il foro superiore serviva da attacco delle cime, e i due inferiori per inserire dei pezzi di legno capaci di esercitare una certa presa sul fondale, in aggiunta all’effetto di gravità e al peso che variava dai 50 ai 100 kg. Prima di questo tipo di ancora esistevano soltanto semplici pietre non lavorate, o con una scanalatura al centro, e attaccate ad una cima. Allineata con altre pietre simili, inoltre, quest’ancora poteva essere usata anche per fissare le reti da pesca in uso all’epoca. Antichi pescatori greci, durante una sosta dopo il lungo viaggio, l’avrebbero potuta usare per pescare la ricchissima fauna marina presente al Vervece. Oggi zona A di riserva integrale dell’Area Marina, proprio per tutelare la ricchezza di biodiversità presente nei fondali del famoso scoglio della Madonnina.
Dopo il laborioso recupero, il prezioso reperto è stato consegnato al Parco Marino di Punta Campanella dal veterano dei subacquei in penisola, Antonio Fimeroni. Ora è stato affidato alla Soprintendenza per i beni archeologici che ha sede presso il museo di Villa Fondi a Piano di Sorrento. L’ancora è nelle mani di esperti che cercheranno di datare con precisione il reperto. Sulla provenienza sembrano esserci pochi dubbi. E’ giunta a Massa Lubrense dopo un lungo viaggio attraverso le rotte degli antichi colonizzatori greci che a partire dall’VIII secolo a.C. si stabilirono nel sud della penisola, dando vita alla Magna Grecia. Proprio come le rotte tracciate dai mitici eroi di Omero, l’antico equipaggio potrebbe aver attraversato lo stretto di Messina, solcato il mare delle Eolie, sfiorato Li Galli e doppiato Punta Campanella, trovando riparo a Marina della Lobra, prima di riprendere il viaggio verso Ischia, Cuma o Neapolis.
“E’ un ritrovamento molto importante – sottolinea l’archeologa Tommasina Budetta, funzionario responsabile della Soprintendenza per i beni archeologici in penisola sorrentina – Solo in altri tre luoghi della Campania sono state ritrovate ancore come quella rinvenuta al Vervece. Ora approfondiremo le ricerche per scovare, laddove ci fosse, qualche graffito sul reperto, in modo da avere indicazioni più precise sul luogo di provenienza”.
“Ringraziamo i subacquei che hanno effettuato questo bellissimo ritrovamento – dichiara Antonino Miccio, direttore dell’A.M.P. di Punta Campanella – Sicuramente i nostri fondali, oltre ad essere ricchi di biodiversità, sono anche preziosi testimoni degli antichi popoli che hanno solcato i nostri mari. La promozione dello straordinario patrimonio ambientale della penisola sorrentina passa anche attraverso la storia e l’archeologia. In quest’ottica proseguirà la positiva collaborazione con la Soprintendenza per i beni archeologici”.